26 Febbraio 2017
Cara Rossini,
io alla svolta della Bolognina, dove il Pci diventò il Pds, c’ero e ho pianto. Oggi sono ancora qui a guardare la fine vera di quello che fu il mio partito e non piango più: scoppio di delusione. Ne ho viste tante, sa? Figlio di operai, con nonni contadini, ho potuto studiare ingegneria per i sacrifici enormi dei miei genitori ma anche per il clima positivo che si respirava in un Paese che, sia pure negli incandescenti anni Settanta, guardava al futuro e voleva costruirlo. In quel clima molto contava la presenza di un partito comunista che sapeva prendersi carico delle esigenze dei più deboli e lottare per loro.
La mia vita professionale è andata bene e ancora oggi, a 67 anni, lavoro con soddisfazione. La mia vita politica di giovane comunista, e più tardi di maturo militante, è stata invece tempestata da uno slalom di gioie e dolori. La gioia di avere un leader come Enrico Berlinguer che ebbe il coraggio di staccarsi dall’Urss, il dolore per la sua morte, lo smarrimento di vedere sparire un partito, alla Bolognina appunto, che tanto aveva significato dalla Resistenza in poi. Lo stupore di vederlo attraversare, con nomi diversi e con svolte sempre più atlantiste e liberiste i successivi 15 anni.
Non sempre capivo, ma ho accettato che Romano Prodi privatizzasse le industrie italiane a partecipazione statale, che Massimo D’Alema si facesse complice dei bombardamenti in Kosovo, che Piero Fassino chiedesse esultante a un banchiere “Abbiamo una banca?”, e potrei continuare. Ho dato la mia fiducia anche a Walter Veltroni quando il vecchio Pc e la vecchia Dc si sono mischiati e confusi nel Pd; l’ho visto fallire e mi sono sforzato di credere in Pier Luigi Bersani, anche se era evidente che non aveva la stoffa del leader.
Ma quando è arrivato il giovane Matteo Renzi, ho capito che la sinistra in Italia era morta e sepolta, anche se non avrei mai immaginato che l’articolo 18 sarebbe stato affossato proprio dagli eredi del grande partito della sinistra italiana. Ma è andata così, e i tardivi sussulti di chi si ricorda adesso di essere di sinistra, non mi scuotono né mi commuovono. Starò a guardare senza emozioni che ne sarà di tutto ciò con la fiacca speranza che qualcosa di sinistra covi ancora sotto le ceneri delle nostre speranze perdute.
Attilio Guadagni
Tra le molte lettere che hanno trattato con toni diversi la questione della scissione nel Pd, questa sola ha il merito di raccontare, in una biografia politica essenziale, il disincanto di un’intera generazione di uomini e donne di sinistra. Per questo merita tutto lo spazio.
27 Febbraio 2017
Cara Stefania,
la ringrazio per aver pubblicato la lettera “La sinistra non c’è più” che ha permesso a me, ma credo anche a molti altri, di capire le motivazioni dei dissidi che stanno lacerando, dall’interno, il Partito Democratico. Mi permetto, per suo tramite visto che non dispongo del suo indirizzo, di consigliare all’ingegner Guadagni, che mi sembra una persona equilibrata e sincera, un piccolo esercizio intellettuale che è stato per più di 40 anni professionalmente il mio, in quanto funzionario nel settore pubblico. Si tratta di immaginare quali sarebbero le iniziative politiche che giudica le più appropriate ed efficaci per permettere al nostro Paese di inserirsi con successo, in termini di occupazione e di sviluppo, nel difficile contesto mondiale al quale siamo confrontati. Per evitare un esercizio di pura fantasia e di cadere nel libro dei sogni mi sembra però indispensabile partire da alcune premesse. Innanzitutto che per fortuna il nostro è un Paese democratico e che quindi chi ha la responsabilità di governare deve tener conto degli interessi legittimi della maggior parte possibile di nostri concittadini, tanto di sinistra che di destra. Inoltre, che la mondializzazione è un dato di fatto, dovuta allo sviluppo tecnologico, ad internet, ai voli low cost, ma soprattutto all’attenuazione dei conflitti armati ed ideologici che ha permesso ad una parte territorialmente e numericamente preponderante del mondo di sbloccarsi e di darsi da fare per conquistare legittimamente una sua parte di benessere. Sul piano nazionale bisogna ovviamente tener conto delle nostre potenzialità, che sono molte, ma anche dei nostri drammatici problemi: la criminalità organizzata che intralcia lo sviluppo delle nostre regioni meridionali e falsa la concorrenza nelle nostre regioni settentrionali, la propensione molto diffusa all’evasione fiscale, un debito pubblico stratosferico che riduce le possibilità di intervento del settore pubblico, non per colpa dell’Europa o della Merkel, ma perché una parte del bilancio dello stato è impegnato per pagare gli interessi, una funzione pubblica che pur disponendo di individualità fra le migliori del mondo è purtroppo molto spesso dominata dagli assenteisti e demotivata professionalmente dal ricorso sistematico alle consulenze esterne quasi sempre di natura clientelare etc. etc. . Mi sembra che l’obbiettivo che si è dato Renzi è di dare maggiore competitività al sistema Italia e contestualmente di ripartire più equamente gli oneri e i benefici che ne derivano. Il difficile è realizzare questi due obbiettivi visto che implicano riforme importanti di settori politicamente difficili quali la scuola, la funzione pubblica, la fiscalità, il lavoro, la sicurezza, le infrastrutture…, senza dimenticare la riforma istituzionale che tutti i partiti consideravano indispensabile e la riforma della legge elettorale. Si tratta di misure che toccano sensibilità tanto di sinistra che di destra e che quindi incontrano opposizioni da tutti e due gli schieramenti. Se l’ingegnere avrà la pazienza di dedicare un po’ di tempo a questo interessante esercizio mentale apprezzerà, credo con occhi diversi, quanto Renzi è riuscito a fare, grazie ad un’energia ed a una capacità operative che a me sembrano eccezionali, nonostante le continue contestazioni interne al suo stesso partito ed in un Parlamento dominato da eminenti “statisti” che pur dichiarandosi a gran voce paladini dei problemi della gente sembra, a giudicare da quanto mettono sui siti internet e dal niente che dicono molto abilmente nei talk show, che non abbiano la ben che minima idea di cosa bisognerebbe fare per cercare seriamente di risolverli o, più verosimilmente, che sanno benissimo che le soluzioni implicano tempi lunghi e soprattutto misure impopolari che ovviamente aborrono. Forse l’ingegnere sarà un po’ più comprensivo anche nei riguardi dell’insofferenza di Renzi verso chi, a fronte di problemi drammatici da affrontare in un contesto europeo e mondiale sempre più complesso, non sembra impegnato a migliorare le sue proposte di legge e a renderle più efficaci, ma si limita a lamentare l’assenza di concertazione, di dialogo, di empatia con l’elettorato di sinistra. Credo che l’analisi attenta dei problemi nati, in gran parte, dallo sperpero di risorse favorito tanto dalla destra che dalla sinistra, nel periodo che Guadagni sembra ricordare con nostalgia, lo porterà anche ad individuare con maggiore obiettività dove si trovano le responsabilità e l’arroganza all’interno del partito Democratico, soprattutto quando queste accuse vengono da chi, a suo tempo, ha orchestrato per puri calcoli di potere personale la caduta del primo governo Prodi che era riuscito, con il suo operato, a motivare gli Italiani di buona volontà ed a dare qualche speranza in un futuro migliore per il nostro bellissimo e sfortunato Paese. Personalmente rimprovererei a Renzi di non avere, all’inizio del suo mandato, prospettato chiaramente agli Italiani e soprattutto ai giovani, che sono attualmente i più vulnerabili, i problemi da affrontare, la logica delle misure proposte ed i tempi necessari per concretizzarle, indicando quelle destinate a dare risultati più a lungo termine e quelle finalizzate, non come dicono i detrattori a comprare consenso, ma a tamponare temporaneamente le situazioni più drammatiche. In questo Prodi, a suo tempo, era stato molto più bravo di lui. Grazie per l’attenzione e molti cordiali saluti.
Ranieri Di Carpegna
19 Marzo 2017
Gentile Ranieri Di Carpegna,
il suo interessante intervento è stato pubblicato come commento alla lettera del sig. Guadagni, che appare anche nel nostro sito on line. Ecco il link: http://lettere-e-risposte.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/02/26/la-mia-sinistra-non-ce-piu/
Grazie dell’attenzione e cordiali saluti
Stefania Rossini <stefania.rossini@espressoedit.it>