Lettera a Mario Calabresi – 14 marzo 2018

A Mario Calabresi
Direttore
La Repubblica

Caro Direttore,

dopo una campagna elettorale giudicata, da alcuni, la peggiore di tutta la storia della nostra Repubblica, mi sembra che si stia attualmente assistendo ad un dibattito post elettorale altrettanto deprimente. A mio modesto avviso per la stessa ragione, la focalizzazione del confronto su questioni ideologiche, tattiche o di principio e non sui programmi.

Il fatto di discutere su misure concrete, concepite per realizzare in modo credibile obbiettivi ben definiti, avrebbe, credo, il vantaggio di rendere evidente che la strada è stretta e lascia poco margine per incolmabili divergenze.

Quando si tratta di affrontare temi quali la criminalità organizzata, la corruzione, l’evasione fiscale, il degrado ambientale o l’inefficienza amministrativa l’aspetto ideologico è secondario o inesistente. Non ci sono soluzioni di destra di centro o di sinistra, c’è o non c’è la volontà di risolverli.

L’incapacità dimostrata, tanto a destra che a sinistra, di ridurre in modo consistente gli sprechi che appesantiscono il bilancio dello stato mi sembra dimostri che, anche in questo settore, sono determinanti i legami clientelari, non gli aspetti ideologici.

Se in fatto di Europa si partisse da un’analisi dei problemi internazionali ai quali siamo confrontati e dagli interessi italiani in gioco credo che anche il dibattito sull’Europa si rivelerebbe inconsistente. Non solo Di Maio e Salvini, che non sono certo degli sprovveduti, ma anche il loro elettorato, se correttamente informato, si renderebbe subito conto che l’Italia, da sola, di fronte alle strategie sofisticate e muscolari di Trump o di Putin, tanto per citare due dei tanti interlocutori ai quali chi avrà responsabilità di governo sarà confrontato, avrebbe ben poco potere contrattuale.

Ma anche in settori apparentemente più sensibili dal punto di vista ideologico, per esempio il problema della disoccupazione o quello dell’immigrazione clandestina, una discussione sulle misure concrete avrebbe se non altro il vantaggio di individuare e definire le eventuali alternative di destra o di sinistra, se davvero esistono.

Sono stato un convinto sostenitore di Renzi nonostante il suo modo di fare indisponente e l’apparente incapacità di concettualizzare le iniziative politiche in un quadro strategico chiaro sia negli obbiettivi che, soprattutto, nei tempi necessari per realizzarli. Il suo libro “Avanti”, che di avanti ha ben poco e che sembra fatto apposta per esibire i suoi difetti piuttosto che le sue qualità, è esemplare al riguardo.

Mi sembra che molto di quanto fatto dal governo Renzi e successivamente dal governo Gentiloni sia stato positivo per il nostro paese e non credo che la bocciatura elettorale attuale e neanche quella referendaria dipenda dai contenuti politici delle proposte e dall’operato dei loro governi. Lo deduco dal fatto che i vincitori, Di Maio e Salvini, sono abili e simpatici imbonitori, ma né l’uno né l’altro ha presentato un programma di governo articolato e credibile e nessuno dei due mi sembra particolarmente convincente come statista capace di realizzare programmi che richiedono coraggio e non garantiscono popolarità.

Credo che una parte consistente di elettori, confrontati a quadri programmatici poco chiari, irrealistici o inesistenti, frastornati dal troppo pieno generalizzato di promesse esorbitanti, memori delle delusioni di tornate elettorali precedenti e, nel caso degli elettori del PD, disgustati dalle cacofonie interne, questa volta anche supportate da due delle più alte cariche dello Stato, abbiano semplicemente deciso di dare  il loro voto ai due partiti che finora non avevano mai avuto la possibilità di governare.

È una scelta rischiosa che non condivido ma che non mi sorprende vista l’enorme popolarità trasversale di cui gode nel nostro Paese il gratta e vinci e simili strumenti che in fatto di rapporto costi benefici sono assimilabili alle peggiori forme di usura.

A questo riguardo mi sento di tranquillizzare l’Onorevole Laura Boldrini (vedi articolo di Laura Boldrini su “La Repubblica” del 12 marzo), gli Italiani non hanno detto no a equità, giustizia sociale e lavoro. Le segnalo, come prova, la grande popolarità di cui gode Papa Francesco che difende gli stessi principi anche se, mi sia concesso, con maggiore autorevolezza e concretezza. Sono certo che se Papa Francesco si fosse presentato candidato avrebbe stravinto le elezioni, non solo grazie ai voti della sinistra, ma anche di quelli di centro e di destra. Mi sembra un po’ pretenzioso supporre che questi valori siano appannaggio esclusivo di Liberi e Uguali. Credo che il deludente risultato elettorale dipenda dal fatto che gli elettori italiani abbiano supposto che dietro le belle parole non ci fossero idee molto chiare su come realizzare concretamente gli obbiettivi, tanto più che la proposta concreta che ha avuto maggiore visibilità sui media è stata l’abolizione delle tasse universitarie, per tutti, compresi i nipoti di Berlusconi.

Mi permetto inoltre di segnalare a Ezio Mauro (vedi articolo di Ezio Mauro su “La Repubblica” del 12 marzo) che più di quarant’anni di negoziati, nei contesti più diversi, mi hanno insegnato che il fattore determinate per il successo è l’avere idee estremamente chiare sugli obbiettivi e sui mezzi necessari per raggiungerli. Nella fattispecie la chiarezza non la chiederei ai Cinque Stelle, ma al Partito Democratico. Un programma condiviso e realista su come abbordare e risolvere i maggiori problemi del Paese, è indispensabile per negoziare una partecipazione governativa da posizioni di forza e lo è altrettanto per organizzare un’opposizione parlamentare costruttiva ed efficace.

In fondo una collaborazione concordata su basi programmatiche solide e trasparenti fra PD e Cinque Stelle potrebbe risultare stimolante e positiva, in particolare in settori quali l’eliminazione degli sprechi e la lotta alla corruzione.

Penso che il maggior difetto non solo di Renzi ma anche di gran parte dei politici italiani, sia l’incapacità di presentare i meriti del proprio operato senza demonizzare sistematicamente quanto realizzato da chi è venuto prima di loro. Il fatto di non riconoscere che i piccoli o grandi successi di oggi, non solo i problemi, dipendano anche da interventi fatti da altri lascia supporre che non si abbia la minima idea di come funzionano i processi economici. È un peccato capitale in un Paese come il nostro, gravato da problemi le cui soluzioni richiedono inevitabilmente perseveranza e tempi lunghi. Per nostra fortuna non viviamo nella Cina di Xi, il nostro è un Paese democratico dove l’alternanza dei partiti al governo è inevitabile ed anche auspicabile. Un accordo esplicito fra tutti o gran parte dei partiti, almeno su un numero ridotto di misure indispensabili, anche se impopolari, per risolvere progressivamente i problemi del debito pubblico, della criminalità organizzata, dell’evasione fiscale, della competitività o dell’occupazione, tanto per citarne alcuni, mi sembra il presupposto indispensabile per risolverli, ma anche un buon test per valutare la validità e l’utilità di una collaborazione governativa. Non si potranno mai realizzare obiettivi sostanziali in questi settori se ad ogni mutamento di compagine governativa si comincerà con il disfare il poco o molto di buono già realizzato, per principio o perché dispiace ad una parte degli elettori.

Mi rivolgo a lei non solo per sfogo personale, ma anche perché, in questi frangenti, mi sento in dovere di dare un mio piccolo contributo basato sulla mia lunga esperienza amministrativa. Mi sembra che la maggior parte dei mezzi di comunicazione, nonostante il momento estremamente delicato per il nostro Paese, siano più impegnati nell’evidenziare e fomentare divergenze che nell’individuare e stimolare convergenze.

Spero sempre che la buona fede e l’attaccamento all’interesse del Paese esistano e possano finire per prevalere anche nella tanto screditata e deprecata rappresentanza parlamentare che noi abbiamo eletto. Penso inoltre, ma forse è un’illusione dovuta a ingenuità e incompetenza, che la presa di coscienza delle enormi responsabilità derivanti dall’eventualità di dover governare il nostro complesso Paese in tempi tanto difficili possa ispirare concretezza, equilibrio e buon senso anche nei casi che sembrano senza speranza.

 

Con vive cordialità e auguri di buon lavoro

 

Ranieri Di Carpegna
14 marzo 2018

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