Caro Augias,
sono sorpreso per il rilievo dato all’articolo di Luciano Gallino su “la Repubblica” del 22 settembre. Mi sembra che articoli del genere, nonostante ed anzi a causa dell’indiscussa autorevolezza dell’autore, non aiutino i lettori a farsi un’idea obbiettiva di cosa rappresenti per l’Italia l’uscita dall’euro. Metà dell’articolo analizza le modalità giuridiche di un eventuale negoziato, a mio modesto avviso aspetto marginale del problema. Se realmente l’uscita dall’euro fosse determinante o semplicemente potesse realmente fornire un aiuto consistente all’Italia per risolvere i suoi annosi problemi strutturali credo che non ci sarebbe bisogno di sognare, non sarebbe troppo difficile trovare un governo, tanto di destra che di sinistra, capace di negoziare l’uscita dall’euro. Quello che Gallino non spiega é per quale miracolo l’uscita dall’euro renderebbe più facile la piena occupazione, una migliore politica industriale, la difesa dello stato sociale e una società meno disuguale. Gallino dimentica che i problemi nei quali ci troviamo, oltre che dal difficile contesto internazionale, dipendono dal comportamento non solo dei politici che compravano consenso aumentando in modo dissennato la spesa pubblica, accumulando il debito pubblico non per investimenti produttivi ma per alimentare spese correnti a esclusiva finalità clientelare, ma anche degli imprenditori che, contando sul supporto delle svalutazioni, invece di investire i lauti profitti accumulati negli anni di crescita economica per mantenere e aumentare la competitività delle proprie aziende, hanno accumulato fortune personali, almeno in parte nascoste al fisco, fortune che oggi contribuiscono in modo probabilmente non marginale alla volatilità dei mercati finanziari mondiali. In poche parole i nostri problemi non derivano da troppa, ma da troppo poca disciplina. La disciplina attuale non ci é imposta dalla Germania, ma dal buon senso, spero almeno in parte ritrovato, e dalla drammaticità della situazione economica enfatizzata dal peso delle dissennatezze del passato. In particolare quando si tratta di soggetti di importanza vitale per il nostro Paese credo che un giornale autorevole come “La Repubblica” dovrebbe imporre, innanzitutto ai propri giornalisti, ma anche a quanti desiderino esporre il proprio legittimo punto di vista, di argomentare chiaramente le proprie idee e non di fare proclami semplicistici sfruttando l’autorevolezza acquisita, a volte in campi non direttamente connessi al soggetto trattato. Cordiali saluti.
Ranieri Di Carpegna
Reazione all’articolo di Luciano Gallino pubblicato su “La Repubblica” del 22 settembre 2016